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Educare per prevenire: il silenzio che contagia


Quando la sessualità arriva troppo presto e le parole degli adulti troppo tardi.

Negli ultimi due anni, a Milano, i casi di gonorrea sono aumentati del 300%. È un dato che non parla solo di infezioni, ma di un’assenza più profonda: quella di un’educazione sessuale chiara, scientifica e accessibile.

Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, circa il 20% dei quindicenni e il 40% dei diciassettenni italiani ha già avuto rapporti sessuali completi. Solo poco più della metà dichiara di usare il preservativo. Parallelamente, cresce il numero di giovani che si informano sulla sessualità tramite pornografia e social network, dove trovano modelli distorti e pericolosi.

Lo studio di Save the Children e Ipsos del 2025 rivela che l’11% dei giovani tra 11 e 24 anni ha avuto la prima esperienza sessuale prima dei 13 anni e che l’80% degli adolescenti prova disagio nel parlare di questi temi con genitori o insegnanti. Inoltre, quasi un ragazzo su due dichiara di informarsi online, spesso in fonti non verificate.

L’età in cui si entra in contatto con la sessualità è sempre più precoce, ma la conoscenza dei rischi resta drammaticamente bassa. Non sapere cosa significhi consenso, prevenzione, affettività o infezione sessualmente trasmissibile non è ignoranza individuale: è una carenza educativa collettiva.


Un vuoto educativo che dura da decenni

In Italia non esiste ancora una legge che renda obbligatoria l’educazione sessuale nelle scuole. Le attività vengono lasciate alla discrezionalità dei singoli istituti o a progetti locali di breve durata.

Il Ministero dell’Istruzione e del Merito, ad oggi, si limita a linee guida generiche su “educazione al rispetto e alla parità di genere”, richiamate dalla Direttiva n. 83 del 24 novembre 2023, senza prevedere un piano strutturato e continuo di educazione sessuale e affettiva.

Esistono linee di indirizzo del Ministero della Salute che incoraggiano interventi di educazione alla sessualità e alla prevenzione delle infezioni trasmissibili in ambito scolastico, ma non sono vincolanti. Il risultato è una grande disomogeneità territoriale: alcune scuole promuovono progetti moderni e ben strutturati, altre evitano del tutto l’argomento.

In questo silenzio cresce una generazione che sa “fare” ma non sa “capire”.


Cosa chiediamo

Non servono nuove polemiche ideologiche, servono scelte pubbliche concrete e coraggiose.
Chiediamo al Ministero dell’Istruzione e del Merito e al Ministero della Salute di introdurre in modo obbligatorio e permanente l’educazione sessuale e affettiva in tutte le scuole italiane, a partire dalle medie. Chiediamo di istituire sportelli informativi permanenti gestiti da medici, psicologi, ostetriche ed educatori, accessibili anche ai minorenni in forma riservata.
Chiediamo campagne nazionali di prevenzione con linguaggio moderno, chiaro e scientifico, che uniscano sanità e cultura. Chiediamo formazione per i docenti, perché siano in grado di affrontare questi temi con competenza, rispetto e sensibilità. Chiediamo infine una collaborazione strutturata con i media pubblici, per diffondere una comunicazione educativa sulla sessualità giovanile, libera da moralismi e disinformazione.
Parlare di sesso non significa togliere l’innocenza, significa proteggere l’innocenza con la conoscenza.


Prevenire è l’unico modo per proteggere

La prevenzione non si fa con il silenzio. Si fa parlando, spiegando, ascoltando. Ogni ragazzo che si ammala, che ha paura di chiedere aiuto, che crede ai miti online perché nessuno glieli ha smentiti, è una sconfitta collettiva.

L’educazione sessuale non è una minaccia ai valori, è un atto di responsabilità nazionale. Non possiamo chiedere consapevolezza a chi non ha mai avuto la possibilità di impararla.


Parlare di sessualità in modo aperto e scientifico non è un privilegio culturale, è una forma di prevenzione. Il corpo non è un tabù, è il primo luogo in cui impariamo a rispettarci. E se la scuola non insegna questo, lascia i giovani in balia del caso e dell’ignoranza.

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