Non sempre le coppie finiscono tra urla, piatti rotti o rotture teatrali. Molto più spesso, si spengono in silenzio. Non perché non ci sia più affetto, ma perché i bisogni e i desideri hanno preso direzioni divergenti.
La distanza non si misura in chilometri, ma in prospettive. Uno guarda avanti e vede viaggi, esperienze, novità; l’altro vede stabilità, radici, un porto sicuro. Uno cerca la libertà, l’altro la conferma. Uno vuole includere, l’altro ritagliarsi spazi esclusivi. E a quel punto, la coppia non smette di parlarsi, ma smette di comprendersi.
È un fenomeno sottile: due persone che si trovano fianco a fianco, ma che non condividono più lo stesso orizzonte. Continuano a parlarsi, ma non nello stesso linguaggio. Continuano a progettare, ma con mappe incompatibili. Ed è proprio lì che nasce la vera frattura: quando il futuro non è più un “noi”, ma due monologhi paralleli.
La questione non è mai “chi ha ragione”. Entrambi hanno diritto ai propri desideri, e nessuno di essi è sbagliato in assoluto. La difficoltà nasce dal fatto che i desideri, quando non si incontrano, smettono di costruire e iniziano a disgregare.
Così, lentamente, la coppia diventa un contenitore vuoto: si mantiene la forma, ma il contenuto sfugge. Eppure, non è detto che questa distanza sia definitiva. A volte, proprio la frattura diventa occasione per una nuova definizione del rapporto. Serve coraggio per dirsi: “io ho bisogno di questo, tu di quello. Possiamo ancora trovarci a metà strada?”.
Perché una coppia smette di vedersi davvero quando non c’è più la volontà di negoziare, di rinunciare a un frammento di sé per accogliere un frammento dell’altro. È lì che finisce l’incontro e resta soltanto la convivenza delle differenze, che può essere sopportata… ma raramente è vita condivisa.
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