Una multa non si nega a nessuno. Può capitare di superare un limite di velocità o sbagliare una manovra. La vera sorpresa arriva dopo: insieme al verbale, il cittadino riceve la richiesta di inviare un modulo con i dati del conducente e la copia della patente. Informazioni che lo Stato già possiede.
Qui scatta il cortocircuito. Se non si obbedisce, scatta una seconda multa. La prima per l’infrazione, la seconda per non aver adempiuto a un rituale burocratico. In altre parole: non basta pagare per l’errore, bisogna anche dimostrare di saper compilare correttamente un modulo che ripete dati già archiviati.
È la logica kafkiana della pubblica amministrazione: la stessa tecnologia che legge una targa a 130 km/h non riesce a incrociare automaticamente quei dati con una patente conservata nei suoi server. E allora la responsabilità viene scaricata sul cittadino, trasformato in segretario non retribuito di un sistema inefficiente.
Il tempo sprecato non si misura solo in ore davanti allo scanner o nella caccia a un indirizzo PEC. Si misura nella frustrazione di dover continuamente provare la propria innocenza a un apparato che già conosce le risposte. Non è sicurezza, è pigrizia amministrativa travestita da legalità.
C’è anche un paradosso legale. Il GDPR afferma che i dati devono essere raccolti una sola volta e trattati in modo proporzionato. Perché allora viene chiesto di consegnare dieci volte la stessa copia della patente? Non è forse una violazione del principio di minimizzazione? E soprattutto: perché, se l’errore è dell’ufficio, il costo ricade sempre sul cittadino?
La contravvenzione diventa così un dettaglio secondario. La vera punizione è la procedura. È la seconda multa, quella invisibile, che colpisce non l’automobilista ma il cittadino. Non la guida, ma l’intelligenza.
La domanda è inevitabile: quando smetteremo di accettare che lo Stato ci tratti come archivi ambulanti e inizieremo a pretendere che i dati vengano usati davvero per semplificare la vita e non per complicarla?
Finché questo non accadrà, continueremo a essere multati due volte: una per la strada, una per la burocrazia. E la seconda, paradossalmente, è quella che lascia più lividi.
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