
A chi non ha più voce, a chi continua a disegnare fiori nel fango.
C’è un fiore che cresce tra le macerie, fragile e testardo, come l’amore che resiste nonostante tutto. La natura, con la sua bellezza infinita, ci parla con voce sottile: il vento che accarezza una foglia, il canto di un uccello che sembra voler ricordare che c’è ancora speranza.
Ma intorno, il mondo urla. La guerra rimbomba nei cuori e nelle strade, scavando solchi di dolore che nessuna pioggia potrà lavare. Bambini che imparano a temere prima di imparare a sorridere, famiglie che si spezzano come vetro sotto il peso della povertà e dell’ingiustizia.
Eppure, in mezzo a questa violenza, nasce l’arte. Un disegno fatto con mani sporche di polvere, un verso sussurrato nell’ombra di una notte insanguinata. L’arte diventa un ponte fragile ma necessario, una carezza che sfida il caos della società che si distrugge da sola.
Ma quel ponte è appesantito dal fumo dell’inquinamento, dalla fredda corsa della tecnologia che ci promette mondi migliori mentre spegne il battito lento del pianeta. È una doppia lama: salva, ma al tempo stesso divide, allontana e avvicina in modo violento, rendendo invisibili le ferite più profonde.
Forse è in quel contrasto, in quell’incredibile mescolanza di luce e tenebra, che dobbiamo trovare il nostro posto. Non come spettatori distaccati, ma come creature capaci di scegliere di amare — anche quando tutto sembra volerci insegnare a odiare.
Perché l’ultima carezza del mondo potrebbe essere proprio quella che ancora non siamo stati capaci di dare: un gesto di cura, semplice e rivoluzionario, che può ancora cambiare la storia.
...perché anche un fiore sa dove nascere, se trova un po' di luce.
Tra le macerie oggi…
- Bambini che crescono tra le macerie di guerre dimenticate
- Progetti di orti urbani per la resilienza
- Arte che nasce nei luoghi più difficili
- Iniziative per portare speranza nelle zone di conflitto
Per sostenere chi ancora disegna fiori tra le bombe: emergency.it
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